Così palestra e asilo nido finiscono in busta paga
di Michele Bocci*
L’azienda che semplifica la vita offre ai suoi dipendenti la palestra o l’abbonamento per lo stadio, la baby sitter o la consulenza per scrivere i curricula dei figli, il “maggiordomo” che sbriga le faccende noiose come pagare le bollette oppure il viaggio organizzato in Asia.
Il welfare aziendale si espande e il portafogli delle società intermediarie tra datori e dipendenti diventa sempre più ampio e vario. Poi non è detto che a qualcuno piaccia l’idea del giro sulla Porsche oppure quella del volo in mongolfiera. Anzi, risulta che non vengano quasi mai scelti. Del resto, di fronte alle tante innovazioni – dalla palestra in ufficio ai centri estivi per i figli, alle sedute di “coaching” – la maggior parte dei lavoratori continua a preferire un aiuto per l’assistenza sanitaria e la buona vecchia mensa.
Il Censis e una delle aziende del settore, Eudaimond, presentano oggi il primo rapporto sul welfare aziendale, uno strumento che esiste da decenni ma è stato rilanciato e si è diffuso rapidamente dopo che nel 2015 il Governo ha deciso di detassare il premio di produttività, permettendo ai lavoratori di sostituirlo con una serie di benefit totalmente esenti.
Oggi sono migliaia i contratti che lo prevedono e si stima che interessi 3 milioni di dipendenti.
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*Il seguente articolo è stato pubblicato su la Repubblica, il 24 gennaio 2017