Otto milioni di lavoratori investiranno in welfare
di Luisa Adani*
Fusioni inedite, nel business del welfare. Edenred, realtà conosciuta per i buoni pasto ma attiva anche nel welfare aziendale, ha da poco acquisito Easy Welfare,uno fra i principali operatori del settore. Edenred amplia la propria offerta, avvalendosi dell’esperienza di un gruppo consolidato di professionisti, guidati da Federico Isenburg. «Grazie a questa operazione — commenta Luca Palermo, ad di Edenred Italia — i dipendenti che utilizzano le soluzioni Easy Welfare potranno ora accedere alla più grande rete di spendibilità italiana, composta da più di oltre 20.000 merchant e partner e l’unione di due eccellenze creerà un valore maggiore della semplice somma degli addendi».
Il welfare aziendale quindi cresce, si sviluppa, riguarda grandi e piccole imprese e il suo modello potrebbe generare un business interessante. Sull’onda di quanto avviene in Francia e Gran Bretagna, gli operatori potrebbero indirizzarsi direttamente e autonomamente ai lavoratori (indipendentemente dal perimetro degli accordi aziendali) che potrebbero affidar loro una quota parte del loro salario per acquisire prodotti e servizi di qualità e a costi inferiori grazie ai vantaggi offerti dall’economia di scala negli acquisti.
Un mercato specifico e allargato potenzialmente molto interessante, come sottolinea Palermo: «Prevediamo che nell’arco di pochi anni, il welfare aziendale possa crescere e riguardare otto milioni di dipendenti, contro gli attuali due. L’ulteriore eventuale estensione dei vantaggi anche ai liberi professionisti, combinata con gli sviluppi dei sistemi di employer savings, potrebbero far salire la platea degli interessati a 23 milioni. Ciò beninteso, grazie a una comunicazione trasparente e capillare che permetta ai lavoratori di scegliere a ragion veduta fra ottenere il cash oppure il corrispettivo in beni e servizi, all’ampliamento su tutto il territorio della rete di merchant e partner e a una sempre maggiore riconoscibilità dell’efficacia dello strumento».
Il welfare insomma vola. Ma anche le critiche mosse al sistema. I punti da monitorare sono la defiscalizzazione e la decontribuzione previdenziale; l’erosione di quote al welfare pubblico; il controllo sulla qualità dei prodotti e servizi. «Quando parliamo di welfare aziendale dobbiamo sottolineare che usufruirne è una volontà personale e autonoma del lavoratore che, se lo sceglie, è perché vede un vantaggio altrimenti opta per il denaro». Non c’è quindi nessun automatismo ed infatti oggi preferisce beneficiare di piani di welfare, invece che ricevere i soldi in busta paga, solo tra il 20 e il 25% della popolazione interessata. La platea si estenderà solo se si saprà intercettarne i bisogni. A mio avviso — continua Palermo — il welfare si traduce in pratica in una contrazione del cuneo fiscale che oltre ad accrescere il potere di acquisto dei dipendenti sviluppa benessere e affiliazione all’azienda. Non vi è inoltre nessuna contrapposizione fra welfare aziendale e pubblico ma un’integrazione di cui favoriscono le persone, le aziende e la comunità, favorendo l’ emersione del «nero». Per quanto riguarda la spesa medica, secondo i nostri dati — chiarisce Palermo — solo il 5% della richiesta di welfare si indirizza alla sanità privata e dove la sanità pubblica funziona quella privata interviene solo a integrazione.
Altra questione importante sollevata da molti: chi controlla la qualità dei servizi offerti? Aiwa, l’Associazione italiana per il welfare aziendale é consapevole della rilevanza della questione e infatti sta sviluppando un tavolo tematico proprio su questi aspetti.
*Il seguente articolo è stato pubblicato su L’Economia del Corriere della Sera, il 22 luglio 2019