Una ulteriore evoluzione per il welfare aziendale
di Emmanuele Massagli*
Molti osservatori prevedono che il welfare aziendale possa conoscere un periodo di arretramento a causa dell’emergenza Coronavirus. La minore disponibilità economica delle aziende – questo è il ragionamento – comporterà il sacrificio di tutte le componenti non obbligatorie del salario, tra cui appunto le soluzioni di welfare.
Tale ipotesi appare davvero troppo frettolosa.
Già nella crisi finanziaria degli anni 2008- 2014 il welfare conobbe una inaspettata riscoperta, quando ancora la normativa era quella degli anni Ottanta. Le imprese, impedite a concedere costanti aumenti salariali, riscoprirono nel welfare aziendale una efficace modalità per concedere ai propri dipendenti beni e servizi sociali assai apprezzati, senza il peso del cuneo fiscale e contributivo.
Fu proprio il moltiplicarsi dei piani in quegli anni a convincere il Legislatore ad approvare la nota Riforma dell’articolo 51, commi 2, del TUIR entrata in vigore il 1° gennaio 2016.
Oggi come allora, pur nella diversità delle situazioni, il welfare può confermarsi quale componente moderna del rapporto di lavoro. Non è questa una previsione astratta, bensì ciò che viene suggerito dall’analisi dei primi piani di welfare aziendale approvati in periodo di COVID-19.
Cresce la richiesta dei dipendenti di soluzioni sanitarie, di servizi per facilitare la conciliazione tra vita professionale e vita privata (anche – se non soprattutto – all’interno delle mura domestiche per i lavoratori agili), di forme di assistenza dei familiari anziani e non autosuffi cienti, di voucheristica funzionale all’acquisto di dispositivi di protezione e tecnologie per la formazione a distanza.
E’ quindi dall’esperienza che vengono alcuni preziosi suggerimenti per il legislatore: il welfare aziendale del futuro (anche ben oltre l’emergenza epidemiologica) non sarà più soltanto una forma di benefit per i lavoratori, neanche soltanto una misura a carattere sociale, ma anche un veicolo di rinnovate politiche pubbliche. In questo senso, già oggi, il welfare aziendale potrebbe indirettamente sostenere gli obiettivi del recentissimo decreto-legge c.d. Rilancio affiancando alle (esigue) risorse pubbliche soluzioni aziendali per la mobilità sostenibile, per il turismo all’interno dei confi ni nazionali, per la sorveglianza e la prevenzione sanitaria, per la cura e l’istruzione dei minori, per il sostegno al servizio sanitario nazionale e alle associazioni del terzo settore.
L’emergenza COVID-19 è quindi l’occasione per superare l’anacronistica, sterile e dialettica opposizione tra welfare di Stato e welfare privato, potenziando i beni e servizi di welfare aziendale regolati nel TUIR perché siano ricomprese soluzioni utili non soltanto al singolo dipendente, ma anche all’intera comunità nella quale vive.
*Il seguente articolo è stato pubblicato su Milano Finanza, il 20 maggio 2020