Aziende e dipendenti si aiutano a vicenda
di MAURO GIACON*
C’è stato un modo con cui aziende e dipendenti si sono tenuti insieme durante l’anno durissimo della pandemia aiutandosi a vicenda. Ed è l’impiego del welfare aziendale che è stato messo in pratica sopratutto nelle piccole aziende artigiane. Come potremmo definirlo?
Una mutua assistenza. E senza andare troppo per il sottile chiarire che finito il tempo del panettone a Natale ora si danno altri riconoscimenti, buoni per la palestra, o per i libri del figlio.
Che sono scontabili dalla ditta. In termini più tecnici è l’ insieme delle iniziative, dei beni e dei servizi che un’ impresa mette a disposizione del dipendente come sostegno al reddito per accrescere il potere di spesa, ma anche la salute e il benessere del proprio collaboratore.
I NUMERI
È accaduto dunque che questo sistema sia stato usato come argine contro l’instabilità economica e sociale connessa al Covid-19. Secondo i dati forniti da Welfare Insieme, hub di Confartigianato dedicata al welfare, nel 2020 si è registrato nella nostra provincia un incremento del 40% dei contratti stipulati.
Migliaia di lavoratori hanno usufruito di un credito welfare, ottenuto in base a piani aziendali che hanno consentito una spesa media per lavoratore di 650 Euro.
La maggioranza delle imprese artigiane che hanno scelto il welfare appartiene al comparto manifatturiero, in prevalenza si tratta di aziende metalmeccaniche.
«Gli imprenditori scelgono il welfare aziendale, consapevoli che la transizione economica passa anche attraverso modelli organizzativi diversi e sistemi di premialità innovativi spiega Tiziana Pettenuzzo segretario generale di Confartigianato Imprese Padova – Ma ora aspettiamo un segnale forte dal nuovo Governo in questa direzione. La partita è ancora aperta, visto il valore e le potenzialità di impatto sulla mobilità e sul sostegno al reddito dei lavoratori dipendenti, sempre più partecipi nel creare valore per le imprese».
L’appello nasce da una consapevolezza: il welfare può diventare uno strumento strategico per fidelizzare, motivare, alzare il livello delle competenze, introdurre sistemi di valutazione meritocratici, responsabilizzare il personale alla cultura del risultato.
«La pandemia ha messo in risalto la necessità di mettere in campo azioni strutturali per il lavoro che cambia, nuove competenze, in particolare digitali – continua Pettenuzzo – I piani di welfare aziendale che stiamo siglando invece vanno a soddisfare quelle aspettative che riguardano la salute, la cura della propria persona e della famiglia, la formazione dei figli, uno stile di vita sostenibile, che preveda la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro».
LA FILOSOFIA
«Il mondo dell’artigianato crede nel fattore welfare perché esso pone al centro la persona e la sua famiglia, perché permette di gestire le crisi economiche con gli strumenti della solidarietà e non con i licenziamenti, perché privilegia la partecipazione e alla politica del salario risponde con politiche di crescita legate al merito. Tutto questo va a ridurre il turn-over, motiva il personale – spiega Pettenuzzo – e costituisce un elemento attrattivo anche verso le piccole imprese che, ogni giorno, lanciano appelli per la ricerca di personale qualificato e capace di cogliere la sfida dell’ innovazione».
«Avere cura di sé, della propria azienda, della natura, significa anche avere rispetto delle istituzioni, fare sindacato, tutelare. Questo è il nostro compito come corpo intermedio, come organizzazioni datoriali, e anche la nostra sfida per il futuro».
*Il seguente articolo è stato pubblicato su Il Gazzettino (ed. Padova), il 28 giugno 2021