Aziende, voglia di welfare
L’Inchiesta
Anche durante la pandemia crescono i contratti perservizi ai dipendenti
Dai buoni per le mascherine a progettistrutturati, ad esempio per gli anziani
Intanto il governo aumenta il valore dei fringe benefit: da 258 a 516 euro l’anno
Ilsindacato: «Serve un nuovo equilibrio fra pubblico e privato»
di Paolo Riva*
La pandemia ha portato nel mondo del lavoro cambiamenti enormi. Il lavoro da remoto è stato il più evidente, ma non il solo.
A risentirne è stato anche il welfare aziendale, che pare essersi confermato anche nell’anno del Coronavirus. «A causa dell’andamento economico negativo, ci aspettavamo una contrazione», dice Emmanuele Massagli, Presidente dell’Associazione Italiana Welfare Aziendale (Aiwa). Invece, non sembra andata così. A suggerirlo sono i numeri del Ministero del lavoro e di Edenred Italia. I primi dicono che la percentuale di contratti con forme di welfare aziendale è cresciuta tra 2019 e 2020. I secondi riguardano un campione di tremila aziende clienti di quello che è uno dei principali provider del settore: lo scorso anno, in media, queste imprese hanno messo a disposizione di ogni dipendente 850 euro di welfare aziendale, solo dieci euro in meno del 2019. In entrambi i casi, però, si tratta di cifre parziali. Ad oggi, non esistono dati complessivi e nazionali sul fenomeno. Anche perché il welfare aziendale può essere sostenuto in vari modi: contratti collettivi nazionali, accordi territoriali o aziendali, regolamenti delle imprese, o anche con una parte dei premi di risultato. Allo stesso modo, i lavoratori possono spendere i loro contributi in molte forme: istruzione, sanità, assistenza per anziani e bambini, previdenza integrativa, attività ricreative e fringe benefit (buoni per spesa, carburante e shopping).
La pandemia non ha portato a significativi aumenti di spesa per sanità o assistenza ai minori, come ci si poteva aspettare, quanto piuttosto a una crescita dei fringe benefit, spesso usati per mascherine, igienizzanti e dispositivi digitali per la Dad.
Ad agosto, il governo ha deciso di raddoppiare il valore massimo di questi buoni, da 258 a 516 euro all’anno e la norma è stata rinnovata anche per il 2021. La scelta ha sicuramente spinto i consumi, ma è stata valutata in modo diverso. Per Francesca Dattilo, responsabile relazioni istituzionali di Edenred, è positiva e va stabilizzata: «Come provider, siamo convinti che questi buoni siano uno strumento utile e importante per avvicinare al welfare aziendale le piccole e medie imprese, che sono la vera sfida». Secondo Jorge Torre della Cgil, invece, «non si possono mettere sullo stesso piano buoni spesa e assistenza agli anziani. I fringe benefit – sostiene il sindacalista – sono graditi ai lavoratori perché in Italia c’ è un problema di reddito, ma così facendo si snatura il welfare».
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Continua a leggere su Corriere della Sera – Buone Notizie del 22 giugno 2021