Più fringe benefit per i lavoratori con figli. La soluzione Giorgetti aiuta poco o nulla le famiglie
Massagli (Aiwa): “Capisco la logica politica legata alla natalità, ma così si rischia di indebolire uno strumento dalle enormi potenzialità”. Telatin (Uilca): “Ben vengano i fringe benefit ma non possono sostituire gli aumenti salariali”
di Carlotta Scozzari*
Accantonata almeno per ora l’idea di un bonus fiscale per i genitori, che peserebbe troppo sulle casse pubbliche, il ministro Giancarlo Giorgetti ora punta a premiare chi ha figli attraverso i cosiddetti fringe benefit. Si tratta di quei benefici non in denaro che un’azienda, a propria discrezione, può concedere ai dipendenti; spesso sono buoni spesa che possono essere utilizzati per esempio per pagare la benzina o gli acquisti nei negozi e al supermercato.
Non è la prima volta che un governo punta su questi strumenti che, essendo detassati in busta paga e costando allo Stato decisamente meno che interventi sull’Irpef e buoni fiscali vari, vengono guardati con favore un po’ da tutte le parti coinvolte. Eppure affiorano fin da subito diverse criticità rispetto all’ultima idea di Giorgetti.
“Il governo – ha detto il ministro dell’Economia in occasione del “question time” – destinerà con un prossimo provvedimento di urgenza i margini di bilancio disponibili per finanziare, per l’anno in corso, un nuovo taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi e un innalzamento del limite dei fringe benefit per i lavoratori dipendenti con figli. Come si evince anche dal Programma nazionale delle riforme, la strategia complessiva del governo in tema di politiche per la natalità non intende limitarsi agli incentivi fiscali, ma punta anche a supportare le famiglie con un ampio ventaglio di strumenti”.
Tra questi, ci sono appunto i fringe benefit , che già l’anno scorso il governo Draghi aveva in un primo momento portato dalla soglia base di 258 euro annui a 600 euro. A novembre poi, con il decreto “Aiuti quater” dell’esecutivo Meloni, l’asticella è stata alzata fino a 3mila euro, ma soltanto per il 2022. Ci si attendeva poi un provvedimento in materia con la Legge di bilancio ma non c’è stato, motivo per cui tali benefici sono ridiscesi a 258 euro annui.
Ora, dopo le dichiarazioni di Giorgetti, c’è chi ha ipotizzato che possano salire a 516 euro, come da periodo pandemico, ma c’è chi sostiene che si stia anche ragionando su un ritorno a 3mila euro. Ciò però, da quel che si può comprendere, esclusivamente a beneficio di chi ha figli.
Una condizione che può essere interpretata come discriminatoria e che può finire con l’indebolire uno strumento efficace. La vede così Emmanuele Massagli, presidente di Aiwa, associazione di rappresentanza del mondo degli operatori nel campo dei servizi di welfare aziendale.
“Capisco – afferma Massagli, interpellato da HuffPost – la logica politica di volere orientare tutto sulla natalità, anche per motivi economici e non solo culturali, ma in questo modo, con una discriminazione sui figli, si rischia di indebolire uno strumento dalle enormi potenzialità come quello dei fringe benefit”.
Secondo i calcoli dell’Aiwa, l’innalzamento dei fringe benefit da 258 a 600 euro attuato dal governo Draghi è costato alle casse statali circa 85 milioni e ha visto un raddoppio delle aziende che hanno messo questo strumento a disposizione dei dipendenti. Va infatti ricordato che i fringe benefit incontrano un primo, importante ostacolo nelle imprese, che ovviamente devono decidere di erogarli, mettendo a disposizione dei dipendenti una determinata cifra con questa finalità. Se in corso d’anno un governo innalza la soglia, l’azienda nella maggior parte dei casi dovrà aggiungere delle risorse. Va poi considerato che alcune società inseriscono i fringe benefit in un “conto welfare” complessivo che, in certi casi, da solo può assorbire un limite più elevato. Con l’innalzamento della soglia deciso lo scorso novembre, per esempio, un po’ per i tempi stretti a disposizione, un po’ per il fatto che molti lavoratori avevano già speso buona parte del “conto welfare” annuo e un po’ perché l’impresa avrebbe dovuto stanziare risorse aggiuntive, non tutte le aziende sono riuscite a offrire ai dipendenti il beneficio pieno dei 3mila euro. L’Aiwa ha stimato che l’innalzamento a 3mila euro deciso alla fine del 2022 sia costato al bilancio pubblico poco più di 240 milioni e che vi abbia aderito il 30% in più delle aziende, portando a 3,2 milioni di persone il numero di lavoratori che usano i fringe benefit .
“Nello stesso tempo, secondo nostre indagini interne – fa sapere Massagli – entrambi gli innalzamenti della soglia effettuati nel 2022 hanno generato per lo Stato entrate fiscali, soprattutto Iva, pari a 379 milioni, cifra di circa 50 milioni superiore alle uscite”. Si tratta di numeri molto diversi rispetto a quelli richiesti da un intervento strutturale sull’Irpef a vantaggio di chi ha più figli.“In termini di introiti per lo Stato – osserva il presidente dell’Aiwa – potrebbe essere più ragionevole innalzare da 258 a 600 euro la soglia di fringe benefit per tutti e poi ipotizzare un ulteriore aumento, in area 1.200 euro, per esigenze specifiche di cura di minori o di anziani. Il costo per le casse pubbliche sarebbe inferiore a 240 milioni e si tratterebbe di una misura coerente con la politica del governo ma non tacciabile di iniquità verso chi non ha figli. La soglia oggi fissata a 258 euro non ha più alcun senso, è ferma al 1986 e andrebbe resa attuale, soprattutto nel contesto di inflazione in cui ci troviamo”.Massagli immagina che “se oggi il governo alzasse a 600 euro la soglia di fringe benefit per tutti, avremmo la conferma dell’uso dello strumento da parte di chi lo ha già conosciuto nel 2022 più moltissime nuove adesioni. Una situazione che potrebbe verificarsi più facilmente in caso di una norma per tutti. Al contrario, una misura legata ai figli e con una forte caratterizzazione in questo senso potrebbe rivelarsi penalizzante, portando meno adesioni e rischiando di risultare sanzionatoria per chi non è genitore”.
Alla fine del 2022, tra i settori più attivi nell’erogazione di fringe benefit ai dipendenti …