Produttività, i premi puntano su sostenibilità e welfare

da Set 30, 2024Rassegna Stampa

Agevolazioni verso la conferma. La manovra 2025 dovrebbe confermare il prelievo fiscale al 5% I bonus riguardano 4,8 milioni di dipendenti.

di Diego Paciello*

La tassazione agevolata al 5% dei premi di produttività erogati dalle aziende ai lavoratori potrebbe trovare conferma anche nel 2025, con la prossima manovra di Bilancio. O almeno questo sarebbe l’auspicio del ministero del Lavoro.

Oggi, secondo gli ultimi dati diffusi dallo stesso dicastero, i premi di produttività riguardano 4.821.320 lavoratori, il 25,6% dei lavoratori dipendenti (che sono 18,7 milioni). L’agevolazione fiscale ha spinto la diffusione dei premi negli ultimi due anni: al 16 settembre 2024, i contratti collettivi stipulati dalle imprese per erogare premi di risultato detassabili ai lavoratori dipendenti, erano 17.114: il 16,7% in più rispetto ai 14.667 risultanti alla stessa data del 2023. L’importo annuo medio del premio ammonta a 1.498,62 euro lordi e i contratti che contengono misure di welfare aziendale sono 10.218.

Le prestazioni di welfare aziendale e gli obiettivi legati alla sostenibilità sembrano due vie in crescita nella contrattazione sui premi.

La sostenibilità

Un dato non rilevato, ma che nel prossimo futuro potrebbe esserlo, è quello riguardante la diffusione, nella strutturazione dei premi di risultato, di parametri legati alla sostenibilità. Se già da tempo diverse aziende hanno introdotto obiettivi legati alla sostenibilità, in particolare quella ambientale, tra quelli previsti per l’erogazione e/o la quantificazione dei premi di risultato, la recente approvazione del decreto di recepimento della direttiva 2022/2464 (nota Csrd, Corporate sustainability reporting standard directive) incentiverà molte imprese ad aggiornare in chiave green i premi di risultato, o a introdurne di nuovi e, quindi, è ragionevole ipotizzare che il numero di contratti collettivi in tema di premi di risultato continuerà ad aumentare anche nell’immediato futuro. Allo stato, il sensibile incremento dei contratti depositati registrato negli ultimi due anni potrebbe essere spiegato, in parte, dalla riduzione dell’aliquota dell’imposta sostitutiva applicata ai premi pagati in denaro.La conseguente maggior convenienza per i lavoratori ha sicuramente costituito, per le imprese, una spinta importante all’implementazione di soluzioni utili per fruire dell’agevolazione.

Un altro fattore di crescita potrebbe essere individuato nella stabilità della normativa agevolativa e nella chiarezza delle interpretazioni dell’amministrazione finanziaria in merito alle condizioni di accesso alle agevolazioni, ormai sedimentatesi con l’applicazione pratica della norma nel passare del tempo. Dal 2019 in avanti, infatti, se si esclude la citata riduzione dell’aliquota dell’imposta sostitutiva, che rappresenta comunque una condizione di miglior favore unicamente per i lavoratori, la normativa riguardante i premi di risultato – la legge 208/2015 – è rimasta sostanzialmente invariata.

La conversione in welfare 

La possibilità di convertire, su scelta del lavoratore, i premi di risultato in beni e servizi di welfare, con conseguente azzeramento della tassazione e della contribuzione a carico del dipendente e del datore di lavoro, continua a rappresentare, sicuramente, un ulteriore incentivo alla sottoscrizione di accordi aziendali e all’adesione a quelli territoriali.

I tassi di conversione dei premi in welfare, infatti, non hanno subito alcuna drastica flessione nonostante il dimezzamento dell’aliquota sostitutiva che, di fatto, riducendo il carico fiscale sui premi monetari, avrebbe potuto far percepire come meno conveniente la conversione. Ciò molto probabilmente, non si è verificato grazie alla contemporanea introduzione dell’innalzamento del limite di non imponibilità dei fringe benefit, i beni e i servizi che possono essere concessi dal datore di lavoro ai dipendenti (per il 2024, 2mila euro per coloro che hanno figli a carico e mille euro per gli altri lavoratori).

Grazie all’innalzamento del limite, di fatto, i dipendenti hanno avuto la possibilità di convertire in misura maggiore i premi in benefit, che, di fatto, offrono un sostegno reale per affrontare le spese quotidiane (buoni spesa, buoni benzina, voucher, e così via) e non solo in servizi di welfare di carattere più voluttuario (ad esempio la palestra).

Il welfare premiale

Sebbene non vi sia alcuna fonte ufficiale, come quella ministeriale per i premi di risultato, il mercato sta osservando una forte crescita anche dell’applicazione di quello che viene comunemente chiamato welfare premiale. Si tratta, di fatto, di sistemi incentivanti che, al verificarsi di determinati risultati aziendali, prevedono un’erogazione a favore dei lavoratori direttamente in beni e servizi di welfare. Indipendentemente dalle modalità di formalizzazione, che può avvenire sia mediante un accordo con le rappresentanze sindacali, sia tramite regolamentazione aziendale unilaterale, questi sistemi non possono in alcun caso essere volti a remunerare la prestazione lavorativa né del singolo lavoratore né di gruppi di lavoratori.

Un piano di welfare premiale, infatti, secondo quanto chiarito dalle interpretazioni ministeriali e dell’agenzia delle Entrate, può avere quale finalità la gratificazione dei lavoratori per il buon andamento dei risultati aziendali o la loro fidelizzazione all’azienda stessa.

L’innalzamento del limite di non imponibilità dei fringe benefit, per il quale potrebbe arrivare un’estensione anche per il 2025, sta avendo un impatto anche sul welfare premiale: si stanno diffondendo, infatti, sistemi incentivanti con finalità remunerativa che prevedono l’erogazione esclusivamente di fringe benefit, anche ad personam o, comunque, solo a ben individuati (e performanti) lavoratori.

*Il seguente articolo è stato pubblicato su Il Sole 24 Ore, il 30 settembre 2024

RSS
Follow by Email
Twitter
Visit Us
Follow Me
LinkedIn
Share

Categorie

Tweets