2.4 Conversione del premio di risultato con azioni
L’articolo 51, comma 2, lettera g) del TUIR, che disciplina il cosiddetto “azionariato popolare”, prevede la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente del “valore delle azioni offerte alla generalità dei dipendenti per un importo non superiore complessivamente nel periodo d’imposta a euro 2.065,83, a condizione che non siano riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro o comunque cedute prima che siano trascorsi almeno tre anni dalla percezione; qualora le azioni siano cedute prima del predetto termine, l’importo
che non ha concorso a formare il reddito al momento dell’acquisto è assoggettato a tassazione nel periodo d’imposta in cui avviene la cessione.”
Con risoluzione n. 118/E del 12 agosto 2005, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che qualora le azioni siano cedute prima del termine del triennio, l’importo che non ha concorso a formare il reddito al momento dell’acquisto è assoggettato a tassazione nel periodo d’imposta in cui avviene la cessione, quale compenso in natura di lavoro dipendente. Un analogo recupero a tassazione è previsto nel caso di riacquisto da parte del datore di lavoro e della società emittente a prescindere dal periodo di possesso.
La lett. c) del nuovo comma 184-bis della legge di Bilancio 2017, consente la sostituibilità, in esenzione d’imposta, del premio di risultato con azioni della società/datore di lavoro o delle società del gruppo anche nell’ipotesi in cui non siano rispettate le condizioni previste dalla lett. g) riportata.
Poiché la norma richiama le condizioni della lettera g) in esame e non solo i limiti di importo da essa previsti, si deve ritenere che la deroga disposta dalla legge di Bilancio 2017 riguardi non solo il limite di valore delle azioni che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, ma anche la condizione che richiede l’attribuzione delle azioni alla generalità dei dipendenti nonché la condizione di non cedibilità delle azioni da parte del dipendente prima del triennio dalla assegnazione nonché, anche oltre tale termine, al datore di lavoro o alla società emittente.
Ne consegue che non si genererà reddito imponibile nei confronti del lavoratore che sostituisca, in tutto o in parte, il premio di risultato con azioni della società/datore di lavoro o del gruppo:
sia nel caso in cui l’offerta sia rivolta, anziché alla generalità, a categorie
di lavoratori, purché in conformità alle previsioni contrattuali (aziendali
e/o territoriali);
sia nel caso in cui il valore delle azioni “convertite” superi il limite di euro
2.065,83 previsto per ciascun periodo d’imposta potendo, pertanto, essere
assegnate azioni per un importo complessivo pari a euro 5.065,83
(2.065,83 + 3000 di premio convertito);
sia qualora le medesime azioni siano riacquistate dalla società emittente o
dal datore di lavoro;
sia, infine, qualora siano cedute prima che siano trascorsi tre anni dalla
conversione del premio di risultato assoggettabile ad imposta sostitutiva.
Resta fermo che la cessione delle azioni da parte del dipendente potrà
generare “reddito diverso”, ai sensi dell’articolo 67, del TUIR.
Esempio:
- 1 febbraio 2018: assegnazione azioni, alla generalità dei dipendenti, per
un importo complessivo di euro 2.000; - 10 marzo 2018: assegnazione di azioni a seguito della conversione del
premio di risultato di valore pari ad euro 3.000; - 30 marzo 2018: riacquisto da parte della società/datore di lavoro delle
azioni “convertite con il premio di risultato” per un valore di euro 1.500; - 2 aprile 2018: cessione a terzi di azioni “convertite con il premio di
risultato” per il restante valore di euro 1.500.
La cessione delle azioni potrà generare “reddito diverso” ai sensi dell’articolo 67, del TUIR, ma non reddito di lavoro dipendente.
In relazione alla disciplina tributaria da applicarsi alle plusvalenze derivanti dalla vendita delle azioni assegnate in luogo, in tutto o in parte, del premio di risultato, si ricorda che ai sensi dell’art. 68, comma 6, del TUIR “Le plusvalenze indicate nelle lettere c), c-bis) e c-ter) del comma 1 dell’art. 67 sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito …. ed il costo o il valore di acquisto assoggettato a tassazione ….(sottolineatura aggiunta).
In deroga a tale disposizione , l’art. 1, comma 161, della legge di Bilancio 2018 modificando l’art. 1, comma 184-bis, lett. c), della legge di Stabilità 2016, ha previsto che “…il costo o il valore di acquisto è pari al valore delle azioni ricevute, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al medesimo comma 182”. In applicazione di tale ultima disposizione, quindi, dal 2018 la plusvalenza fiscalmente rilevante è determinata dalla differenza tra il prezzo della vendita delle azioni e l’importo del premio di
risultato erogato in azioni.
Infine, si ricorda che la scrivente con risoluzione n. 186 del 2002 ha precisato che nel caso in cui il dipendente abbia ricevuto una pluralità di assegnazioni di azioni in diverse annualità, si considerano cedute per prime le partecipazioni acquisite in data meno recente (cosiddetto criterio “FIFO”: first infirst out).
Il criterio FIFO rappresenta, infatti, il metodo più equo ai fini dell’individuazione delle azioni oggetto della cessione nell’ambito del periodo
triennale di riferimento.
La peculiarità della lett. c) in commento induce tuttavia a ritenere che il criterio FIFO non sia applicabile nelle ipotesi in cui l’assegnazione di azioni sostitutive di premi di risultato agevolabili sia successiva ad altre assegnazioni di azioni, in quanto in tal caso l’applicazione del criterio FIFO comporterebbe di fatto la condizione di non cedibilità nel triennio anche delle azioni assegnate in sostituzione dei premi agevolabili nel triennio espressamente derogata dal legislatore.
Quanto affermato con la citata risoluzione n. 186/E deve riferirsi, pertanto, a fattispecie diverse da quelle disciplinate dall’art. 1, co. 184-bis, lett. c), della legge di Stabilità 2016, le quali devono ritenersi oggetto di una autonoma gestione.