«Benefit per tutta la famiglia. Così migliora la produttività»
«NUMEROSE ricerche, da ultimo il secondo Rapporto sul welfare occupazionale curato da Adapt, ci confermano che le misure per la famiglia sono le più apprezzate dai lavoratori, seconde solo alle forme di assistenza sanitaria integrativa e preferite sia agli strumenti di sostegno al reddito (buoni spesa) sia alla previdenza complementare».
A certificare il boom (anche in termini di apprezzamento) dei pacchetti-famiglia di matrice aziendale è Emmanuele Massagli, presidente di Aiwa, l’associazione che rappresenta i provider del settore.
Come nasce il successo del welfare per la famiglia?
«Gli spazi aperti dalla riforma del 2016 hanno permesso la fioritura di regolamenti e contratti sempre più originali, contenenti misure dedicate all’incremento del benessere, della salute, della formazione dei dipendenti e dei loro figli».
Quanto conta la carenza di misure pubbliche pro famiglia?
«Le ragioni di questo successo sono da ricercarsi anche nel costante indebolimento delle politiche pubbliche rivolte alla famiglia. Non è, però, solo un nodo economico, ma di progettazione dei servizi: amministrazioni pubbliche, sempre meno capaci di comprendere i variegati bisogni dei cittadini, incentivano questi a rivolgersi all’unica realtà strutturata con cui interagiscono, l’azienda».
E le imprese come reagiscono?
«L’impresa, di conseguenza, decide di muoversi, sia per responsabilità sociale, ma anche per inevitabile tornaconto economico: prendersi cura dei bisogni dei propri dipendenti migliora il clima aziendale (e quindi la produttività) e permette di attrarre e non perdere i talenti migliori».
Come si vanno componendo i pacchetti-famiglia?
«La fantasia nel costruire piani di welfare attenti alla famiglia è cresciuta nel tempo. Accanto al tradizionale rimborso delle rette delle scuole e dei libri di testo, sempre di più si osservano l’organizzazione dei servizi di babysitting; il pagamento dei corsi sportivi; l’assistenza ai figli dei dipendenti nella ricerca del lavoro; l’invio della spesa o dei prodotti ‘freschi’ direttamente in azienda, pronti per essere ritirati quando si ritorna a casa; il rimborso delle spese per le badanti dei familiari anziani; il disbrigo delle pratiche nelle pubbliche amministrazioni».
In quali altre direzioni si potrà andare?
«Come Aiwa abbiamo recentemente proposto al legislatore di ampliare gli spazi, permettendo il rimborso delle spese per l’affitto delle abitazioni usate dai figli dei dipendenti fuori sede per motivi di studio; la cessione del proprio credito welfare ai colleghi che abbiamo particolari carichi familiari; il rimborso delle spese sostenute per gli animali domestici».
Ma si tratta di «supplenza» o è il segno di un cambiamento degli stessi lavoratori?
«Attenzione a credere che il successo del welfare aziendale sia solo o innanzitutto esito dell’arretra- mento pubblico. È molto di più: una prova che sta cambiando la natura del rapporto di lavoro, non più costruito attorno al tradizionale scambio tempo-lavoro-salario, ma sempre più frequentemente a risultato (premio di produttività), autonomo (partita Iva) a distanza (lavoro agile) e pagato non soltanto con moneta, ma anche con beni e servizi (welfare aziendale). Accade in Italia come in tutto il mercato del lavoro occidentale»
*Il seguente articolo è stato pubblicato su Il Resto del Carlino, il 27 marzo 2019