Una non profit alla sfida del welfare
L’Aiwa che riunisce chi offre questo servizio si batte per l’informazione e la formazione presso aziende, sindacati e, soprattutto, legislatore
di Franco Canevesio*
Il welfare aziendale è letteralmente esploso nel 2016 dopo dopo la riforma attuata con la Legge di Stabilità dell’anno prima, segnando una crescita del 75% dei piani aziendali messi a punto dalle imprese. E di conseguenza si sono moltiplicate le aziende fornitrici del servizio che si articola su vari aspetti della vita lavorativa ed extra-lavorativa.
Mancava solo chi coordinasse e rappresentasse questo mondo dell’offerta in ebollizione. Emmanuele Massagli, monzese, classe 1983, docente di pedagogia del lavoro all’Università Lumsa di Roma e presidente di Adapt, associazione fondata da Marco Biagi nel 2000, è stato lesto a cogliere l’esigenza e a promuovere la nascita dell’Associazione italiana welfare aziendale (Aiwa), di cui è presidente dal 2017 quando è nata.
«Associamo i principali operatori del mercato, facendo loro da portavoce. Anche se non ci sono banche, che sono legate all’Abi anche per quanto concerne il welfare aziendale, rappresentiamo oltre l’85% del mercato», ha puntualizzato Massagli, che per questo incarico non percepisce alcuna remunarazione. «Il nostro obbiettivo non è creare un canale di lobby novecentesco, ma un tavolo di lavoro impegnato, innanzitutto, in opere di informazione e formazione su cosa sia davvero il welfare aziendale», ha spiegato.
A due anni dalla costituzione, Aiwa, che si alimenta con i contributi degli associati, 5 mila euro l’anno, ne conta 21, grandi e meno grandi: società che si occupano di ristorazione, tra cui Welfare Pellegrini, Sodexo, Cirfood, società Cooperativa Italiana di Ristorazione, e di buoni pasto (Easy Welfare-Edenred, BluBe, UP Day) altre che provengono dal mondo del brokeraggio assicurativo, Aon, Willis Towers Watson e Assiteca, altre ancora del settore gift card digital, come Amilon, e infine quelle che si occupano direttamente di welfare, Double You, Eudaimond, Jointly, Mercer, Welfareclub, Well Work, Welfarebit, fino a Zucchetti attiva nell’information technology.
A loro si presenta un mercato che attualmente coinvolge 100mila imprese e quasi 2,5 milioni di lavoratori di imprese private, beneficiari di piani di welfare del valore medio di 700 euro.
«Troppo per giustificare solo un opportunismo fiscale, come qualcuno insinua», ha attacato Massagli, riferendosi a chi insiste sul fatto che il welfare aziendale sia solo un risparmio di costi e un beneficio fiscale per le aziende. «Vi saranno casi di progetti nati con un occhio più al bilancio che al benessere dei dipendenti, ma sono una minoranza, in un panorama di sempre maggiore coscienza dei benefici derivanti dalla approvazione dei piani di welfare, non solo per l’impresa, ma, soprattutto, per le persone coinvolte» ha insistito Massagli.
A beneficiarne è anche lo Stato, che vede rimborsato con gli interessi l’investimento fatto prevedendo l’esenzione fiscale dalla tassazione. Infatti il welfare aziendale attiva un indotto che genera maggiore lavoro, più Iva e minori spese per i servizi pubblici.
È per questo motivo che nei paesi occidentali e in Giappone il welfare aziendale è molto diffuso nella sua accezione più classica: l’insieme delle iniziative di natura contrattuale o unilaterale del datore di lavoro, dirette a incrementare il benessere del lavoratore attraverso una diversa ripartizione della retribuzione, che può consistere sia in benefit che nella fornitura di servizi che in premi di risultato.
La lista delle aziende in procinto di aggregarsi ad Aiwa si sta allungando. Altre due saliranno a bordo entro fine anno, e altrettante stanno valutando.
Ma qual è l’X factor di un’associazione come Aiwa?
«La capacità di fare dialogare realtà tra loro molto diverse e in competizione» ha sostenuto il presidente « il che non è per niente scontato in un mondo di particolarismi come quello attuale. Esserci riusciti è già in buona parte prova del fatto che Aiwa potrà durare».
L’impegno di chi ci lavora è sul doppio binario dell’informazione della formazione. «Gli scopi dell’associazione sono informazione, cultura, lobby, intesa come interrogazione legislativa a governi e parlamenti, come nel caso della commissione lavori alla camera e al senato e, soprattutto essere utili ai soci» ha spiegato Massagli, «e diffondere una cultura nuova facendo comprendere alle aziende che fare welfare vuol dire maggiore produttività per le imprese e, soprattutto, maggiore soddisfazione del lavoratore».
Aiwa presidia il suo mondo, oltre che con i rapporti personali, tramite sito web (www.aiwa.it), profilo twitter (@aiwa_welfare) e linkedin (Aiwa – Associazione Italiana Welfare Aziendale) media che usa per diffondere eventi, studi, le notizie più interessanti di rassegna stampa.
«L’intento è contribuire alla corretta crescita del settore, evitando il rischio di incorrere in un uno sviluppo disordinato e disomogeneo da un punto di vista normativo e culturale», ha concluso il presidente.
*Il seguente articolo è comparso su MF Milano Finanza e ItaliaOggi – Motore Italia, Le imprese piccole e medie che fanno muovere il Paese, gennaio 2020