Salari, partenza da benefit e premi di produttività

da Nov 3, 2022Rassegna Stampa

di Giorgio Pogliotti, Claudio Tucci*

Usare la leva fiscale per sostenere il reddito disponibile dei lavoratori, attraverso la diffusione del welfare aziendale e dei premi di produttività, con un vantaggio per la competitività delle imprese.

Il governo sta ragionando su un mix di strumenti. In primis, si vorrebbero rafforzare i fringe benefit, strumento molto utile ad innalzare i salari (sono esentasse per i lavoratori), ma largamente sottoutilizzato. È stato il decreto Aiuti bis a innalzare, ma solo per il 2022, l’esenzione a 600 euro (da 258,32 euro era stato già portato a 516,46 euro) includendo anche le spese per le utenze domestiche, un aiuto molto sentito dalle famiglie. Oltre a questi 600 euro ci sono anche i 200 euro del buono carburante introdotto sempre dal governo Draghi.

L’idea dei tecnici dell’esecutivo è quella di confermare l’intervento sui fringe benefit anche per il 2023; e se possibile innalzando ulteriormente il tetto a mille euro. Le due ipotesi hanno un costo, secondo le prime stime, rispettivamente di 100 e di 150 milioni.

L’altra misura su cui si sta ragionando riguarda i premi di produttività, che stanno frenando. A ottobre, secondo l’ ultimo report diffuso dal ministero del Lavoro, sono stati depositati appena 345 contratti (un anno prima, a ottobre 2021, erano 588).

L’ idea è quella di renderli più convenienti, come sottolineato anche dalla premier, Giorgia Meloni, nel suo discorso di insediamento alla Camera. Oggi i premi di produttività sono tassati con una cedolare secca del 10% fino a 3mila euro annui, per redditi fino a 80mila euro. Le somme, come noto, sono riconosciute ai dipendenti al raggiungimento di incrementi di produttività, di redditività, qualità, efficienza e innovazione, ma un po’ la crisi e soprattutto i paletti molto rigidi messi dall’ Agenzia delle Entrate per far scattare la tassazione agevolata stanno penalizzando la diffusione dell’ istituto. Se poi il premio di produzione si converte in welfare è esentasse. Bene, l’esecutivo sta pensando di dimezzare la tassazione, abbassandola dal 10 al 5 per cento. Una fetta del governo, capeggiata dalla Lega, vorrebbe spingersi più in là fino ad azzerare le tasse. La misura ha però un costo, intorno ai 300 milioni (per passare dal 10 al 5% di tassazione) e al momento sono in corso gli approfondimenti tecnici con il ministero dell’ Economia.

Queste proposte saranno oggetto del primo faccia a faccia tra la titolare del Lavoro, Marina Calderone, e le parti sociali convocate al ministero il 4 novembre, giorno in cui è atteso anche il consiglio dei ministri. «Abbiamo bisogno di alzare gli stipendi e spingere la produttività», ha sottolineato il neo sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon.

Il taglio del cuneo fiscale e contributivo, è un altro tema che sarà al centro dell’ incontro del ministro Calderone con imprese e sindacati. L’ obiettivo, illustrato da Giorgia Meloni alle Camere è arrivare fino a cinque punti di riduzione, ma in modo graduale.

Oggi in Italia il cuneo fiscale e contributivo ha toccato livelli insostenibili: 46,5% secondo l’Ocse, tra i peggiori a livello internazionale, sfiora il 50% se aggiungiamo oneri e contributi sociali. Si raggiunge il 60% se facciamo riferimento alla massa salariale. Confindustria da mesi chiede una riduzione strutturale del cuneo fiscale e contributivo con un intervento di 16 miliardi, due terzi a vantaggio dei lavoratori, un terzo imprese, che porterebbe una mensilità in più in busta paga per redditi fino a 35mila euro. Il governo Meloni intende muoversi su questo tracciato, nell’immediato c’è da rifinanziare con 3,5 miliardi il taglio del cuneo contributivo di 2 punti che scade a fine dicembre, a vantaggio dei lavoratori con redditi annui lordi fino a 35mila euro.

C’è poi allo studio una revisione del reddito di cittadinanza per distinguere tra i percettori che non essendo in grado di lavorare hanno bisogno di un sostegno, come misura di protezione sociale, e quanti invece sono considerati “occupabili” e devono attivarsi, se necessario formarsi, per inserirsi nel lavoro.

Le soluzioni in campo sono diverse e si sta cercando una sintesi nel governo. Il vice premier e ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Matteo Salvini, nei giorni scorsi ha proposto uno stop al sussidio per chi può lavorare e recuperare così 1 miliardo da destinare agli interventi sulle pensioni per evitare lo scalone Fornero (dal 1° gennaio 2023).

In tema di assunzioni, altro tema sul tavolo il 4 novembre, è il meccanismo fiscale per premiare le attività ad alta densità di lavoro, richiamato anche dalla premier Meloni. Si tratta di una proposta di Fdi che prevede una superdeduzione del 120% del costo del lavoro per le imprese che creano maggiore occupazione rispetto al massimo conseguito nel triennio precedente, che sale al 150% in caso di assunzione di categorie svantaggiate. Anche qui si stanno studiando i costi, e va avviato il confronto con il Mef.

*Il seguente articolo è stato pubblicato su Il Sole 24 Ore, il 2 novembre 2022

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