Welfare aziendale: la territorializzazione può aiutare a evitare derive sui fringe benefit
Secondo l’Osservatorio di Edenred le pratiche di welfare aziendale continuano a diffondersi nel nostro Paese, ma il “peso” dei fringe è sempre più rilevante. Questo, come spieghiamo da tempo, rappresenta un problema. Potrebbe essere parzialmente affrontato legando maggiormente le azioni di welfare delle imprese con il livello territoriale.
di Valentino Santoni*
Il welfare aziendale è sempre più importante nel nostro Paese. Chi ci legge lo sa da tempo, ma più recentemente sono arrivate anche importanti conferme istituzionali. La ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali Marina Calderone, a margine del Festival del Lavoro di Bologna, lo ha detto testualmente: “il tema del welfare aziendale è strategico”. Ma perché continui ad essere bisognerà creare le condizione affinché “sia presente su tematiche legate all’assistenza sanitaria integrativa e legato a interventi legati all’assetto complessivo della qualità della vita ricercata da moltissimi giovani nel momento in cui si avvicinano al mercato del lavoro e vogliono conciliare il lavoro con tante altre esigenze”.
Questa centralità del welfare aziendale è confermata anche da alcuni nuovi dati pubblicati negli ultimi mesi. In particolare, il provider di welfare aziendale Edenred Italia ha recentemente reso noti i risultati del suo Osservatorio Welfare 2023, che riguardano un campione di 4.000 aziende e oltre 670.000 dipendenti.
Da qui arrivano diverse informazioni interessanti, di cui abbiamo parlato con Paola Blundo, Direttore Corporate Welfare di Edenred Italia.
La crescita del welfare aziendale dopo la pandemia
L’Osservatorio di Edenred mette in luce come vi sia stata una crescita del welfare aziendale in termini di spesa nel 2022. Rispetto alla rilevazione precedente, infatti, il “premio” welfare a disposizione di lavoratori e lavoratrici è aumentato in media del 10%.
“La disponibilità di spesa welfare media dei dipendenti nell’ultimo anno si è attestata a 940 euro, segnando una crescita del 10,6% rispetto al 2021” ci ha detto Blundo. “Dato questo che mostra un maggiore utilizzo da parte delle aziende degli strumenti di welfare aziendale, cui si accompagna l’aumento dell’effettivo consumo del credito welfare da parte dei beneficiari, in costante crescita negli ultimi tre anni fino a raggiungere una quota del 70%”.
Questo aumento del “credito” welfare a disposizione dei dipendenti è sicuramente dovuto alle novità previste lo scorso anno in materia di fringe benefit1. Come vi abbiamo raccontato qui nel dettaglio, nel 2022 la soglia di defiscalizzazione dei fringe è stata prima innalzata a 600 euro e poi a 3.000 (fino al 31 dicembre dello scorso anno).
“Sicuramente l’aumento della quota esentasse per il 2022 ha portato, soprattutto negli ultimi mesi dell’anno, ad una crescita vertiginosa nell’utilizzo dei fringe benefit”, conferma Blundo. “Le principali voci di spesa dei buoni rimborsati da Edenred sono state alimentazione, elettronica e carburante, confermando il ricorso ai fringe benefit per contrastare il carovita”. Un obiettivo peraltro esplicitamente previsto dal Legislatore al momento dell’introduzione delle norme di innalzamento.
“Dal 2017 la spesa in fringe benefit all’interno del paniere di welfare aziendale è triplicata, raggiungendo quota 38,6%”, ci ha poi spiegato Blundo, che ha aggiunto come “all’interno di questa quota abbiamo registrato una riduzione delle quote destinate a servizi di natura sanitaria e sociale. Ma proprio in virtù della capacità dello strumento di offrire risposte immediate ed efficaci a esigenze non previste, come detto sono aumentate le spese nei settori in cui l’inflazione si è fatta più sentire”.
Le richieste dei lavoratori e le scelte delle imprese
La ragione della crescita del welfare aziendale non può essere ridotta solo ai fringe benefit. Come abbiamo spesso modo di raccontarvi, le imprese sono infatti sempre più consapevoli di come il welfare possa rappresentare un’opportunità per fidelizzare le risorse umane e attirare i talenti. In particolare, in un periodo come quello attuale caratterizzato da forti cambiamenti nel mondo del lavoro e dalla richiesta sempre più diffusa di maggiore flessibilità, il welfare aziendale può infatti essere una soluzione importante per migliorare i rapporti con i collaboratori.
“Sono diverse le ricerche che hanno dimostrato come ci sia una stretta correlazione tra la presenza di un piano strutturato di welfare e la soddisfazione complessiva dei dipendenti rispetto alla propria condizione lavorativa”, continua Blundo. “L’insieme dei benefit messi a disposizione delle persone all’interno dell’organizzazione costituisce un driver di scelta per i talenti, soprattutto per le nuove generazioni, interessate da fenomeni come la great resignation”.
“Dal nostro Osservatorio Welfare è emerso come il 75% delle persone propenda per la scelta di un’offerta di lavoro da parte di un’azienda che presenta dei piani di welfare strutturati rispetto ad un’altra che non li prevede. La percentuale di coloro che ritengono importante la presenza di un piano di welfare sale all’80% tra coloro che già lavorano in aziende che hanno dei programmi in questo senso. Questo ci dice come la conoscenza diretta di un’esperienza di welfare da parte dei dipendenti aumenti la consapevolezza del suo valore e della sua importanza”.
Il welfare aziendale e il legame con il territorio
Oltre ad essere un’opportunità in termini di clima e fidelizzazione, dai dati di Edenred emerge come il welfare aziendale sia sempre più considerato anche uno strumento che consente alle organizzazioni di rafforzare il proprio posizionamento in termini di sostenibilità. Il welfare, infatti, spesso favorisce la costruzione di legami e connessioni con il territorio e i suoi stakeholder.
“Il confronto e la collaborazione con le Pubbliche Amministrazioni ha un’importanza strategica per la diffusione della cultura sul welfare aziendale. Per far funzionare quello che noi vediamo come un vero e proprio ecosistema, tutti gli attori in campo devono essere coinvolti e messi nelle condizioni di offrire il loro apporto”, spiega Blundo.
“La collaborazione con il territorio è solo un esempio delle sinergie possibili tra Pubblico e privato, in un’ottica che renda realizzabili o addirittura auspicabili servizi e progetti multi-attore, avendo sempre come obiettivo l’efficacia e la promozione del benessere delle persone. Come Edenred abbiamo partecipato a diversi progetti, l’ultimo quello insieme al Comune di Alessandria, un progetto di welfare territoriale che ha visto la partecipazione del Comune, del Distretto Urbano del Commercio e di Confcommercio Alessandria, il tutto sovvenzionato dalla Regione Piemonte. Insieme all’ente regionale abbiamo infatti realizzato la piattaforma Local Welfare per tradurre in concreto il progetto di welfare territoriale”.
Territorializzazione e fringe benefit
I piani di welfare aziendale possono dunque rappresentare un’opportunità per coinvolgere maggiormente il territorio e i suoi stakeholder. Questo produce benefici diffusi per tutti gli attori coinvolti, ma la dimensione territoriale potrebbe essere anche l’occasione per intervenire sui citati problemi legati alla diffusione dei fringe benefit slegati dalla dimensione sociale, propria del welfare aziendale.
Le azioni aggregative e collaborative, o “a filiera corta”, possono consentire di trovare accordi migliori con i fornitori di servizi e, di conseguenza, ridurre le spese. Possono poi favorire la circolazione di informazioni e conoscenza. E, soprattutto, possono permettere di contenere i rischi – economici, organizzativi e conoscitivi – che un processo di innovazione aziendale porta con sé.
Le collaborazioni che nascono intorno al welfare aziendale garantiscono poi un posizionamento strategico verso gli stakeholder dell’organizzazione. Come evidenziato dalla stessa Paola Blundo, le misure e i servizi di welfare d’impresa sono un’occasione per dialogare e confrontarsi con l’attore Pubblico e gli altri soggetti che vivono e operano sul territorio. Queste collaborazioni sono poi essenziali per costruire un sistema di governance “aperto” e realmente attento a quello che succede “fuori” dall’impresa. E ciò è sempre più importante oggi, nel momento in cui la sostenibilità e i criteri ESG2 sono dei punti di riferimento che le imprese non possono non considerare.
Ad avviso di chi scrive, una maggiore territorializzazione del welfare aziendale permetterebbe anche di affrontare alcuni dei citati problemi sul fronte dei fringe benefit. Un’organizzazione in grado di investire in welfare secondo le dimensioni poco sopra descritte, infatti, è più propensa a cogliere le opportunità legate allo sviluppo di misure più vicine alle esigenze di chi lavora e vive i territori. E, dunque, è più disposta a individuare soluzioni che non si riducono ai buoni benzina, alle card da spendere presso le grandi catene o ai voucher utilizzabili sulle grandi piattaforme di e-commerce. In questo caso anche ricorrendo ai fringe che, come sappiamo, sono un’eccezione rispetto alla dettagliata normativa che definisce i criteri di defiscalizzazione legati al welfare aziendale.
*Il seguente articolo è stato pubblicato su Secondowelfare.it, il 29 agosto 2023