Il welfare aziendale come strumento di attrattività delle imprese
di Giorgio Pogliotti*
Per le aziende alle prese con il mismatch tra domanda e offerta di lavoro – quasi un’offerta su due è difficile da coprire -, accanto all’elemento retributivo sta diventando un fattore di attrattività il welfare aziendale, sempre più orientato all’inclusione di tutte le fasce d’età dei dipendenti.
Al convegno su “nuove politiche di welfare e contrattazione collettiva”, moderato dal vicedirettore di Radio 24, Sebastiano Barisoni si sono citati diversi esempi virtuosi. «Di fronte ad una richiesta crescente di conciliazione tra vita e lavoro – ha spiegato Elisabetta Colacchia, direttore People & Organization Enel – il welfare tradizionale sta evolvendo in welfare inclusivo che accompagna la vita del dipendente sin dal momento dell’assunzione, con prestazioni rivolte alla genitorialità, che coinvolgono madri e padri per favorire il bilanciamento tra vita e lavoro, l’offerta di asili nido, permessi dalla nascita del figlio fino a 12 anni. Anche l’assistenza sanitaria sta evolvendo, si fa prevenzione e si offre supporto in casi di fertilità e sterilità».
In questa direzione si muovono anche i bancari: «Stanno emergendo diverse esigenze – ha aggiunto Ilaria Maria Dalla Riva, presidente del Comitato affari sindacali e lavoro dell’Abi-, i giovani accanto alla parte economica danno importanza a fattori di benessere nel luogo di lavoro. Nel rinnovo del contratto nazionale si è data una riposta all’evoluzione dei bisogni, con misure come la riduzione dell’orario di lavoro, le coperture alla sanità integrativa».
Ma c’è «una fetta di lavoratori che non conosce il welfare sostitutivo o attrattivo», è il monito di Luigi Abete, presidente dell’Associazione imprese culturali e creative – «emerge un problema di dualismo nel mercato del lavoro, dove chi è nella parte debole rischia di essere risucchiato verso il basso».
Sull’importanza della contrattazione si è soffermato Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe Confcommercio, giudicando «inammissibile che ad un milione di dipendenti dei pubblici esercizi si applichino ben 31 contratti lavoro, che rispetto al principale hanno condizioni al ribasso».
Contro il fenomeno dei “contratti pirata” il Cnel ha proposto di vincolare la concessione degli incentivi al rispetto del trattamento economico e normativo dei contratti maggiormente diffusi, ha ricordato il professor Michele Tiraboschi, ordinario di diritto del lavoro all’Università di Modena e Reggio Emilia: «se si vuol risolvere il problema dell’inclusione e della produttività – ha aggiunto -, lo strumento è la contrattazione collettiva, che è adattabile. Serve un nuovo protagonismo degli attori della rappresentanza per rispondere alle nuove sfide».
Anche i contratti collettivi saranno interessati dal recepimento della Direttiva 2023/970 sulla parità salariale e la trasparenza: «Entro giugno 2026 le aziende dovranno quantificare l’impatto delle varie misure di welfare sul salario accessorio e sulla componente base della retribuzione indicando come varia nel tempo – ha spiegato Valentina Cardinali, ricercatrice dell’Inapp-, sarà un lavoro non facile, specie perché è arduo monetizzare le prestazioni esentasse».
*Il seguente articolo è stato pubblicato su Il Sole 24 Ore, il 25 maggio 2024