Rimborsabilità delle spese di baby-sitting: necessario chiarimento di un equivoco interpretativo
Commento Tecnico AIWA, a cura del Presidente Emmanuele Massagli
Recentemente sono emersi su diversi media dubbi circa le condizioni di rimborsabilità delle spese di baby-sitting ai sensi dell’art. 51, comma 2, lettera f-bis) del TUIR. Le ragioni di questo spaesamento sono da ricercarsi in una (incauta?) risposta fornita da un dirigente dell’Agenzia delle Entrate nell’ambito del noto “Telefisco”, il tradizionale appuntamento de “il Sole 24 Ore-L’Esperto risponde” sulle novità fiscali, rivolto a professionisti, imprese e contribuenti.
Secondo la posizione espressa dal rappresentante dell’Agenzie delle Entrate, il rimborso o la spesa sostenuta direttamente dal datore di lavoro concernente i servizi di baby-sitting godrebbe del regime di esclusione dal reddito di lavoro dipendente nella sola ipotesi in cui questi servizi siano resi nell’ambito di «iniziative incluse nei piani di offerta formativa scolastica». Tale interpretazione, è stato anche detto, sarebbe in linea con l’orientamento espresso nella risposta pubblicata il 3 luglio 2024, n. 144 relativa ai rimborsi di spese sostenute per attività sportive praticate dai familiari.
Evidenziato che si tratta di un’interpretazione fornita durante un momento convegnistico e non di una posizione contenuta in qualche documento ufficiale (circolare, risoluzione, interpello) pare opportuno compiere qualche riflessione correttiva alla luce della confusione generatasi nei giorni successivi.
E’ utile ricordare la formulazione dell’art. 51, comma 2, lettera f-bis) del TUIR che dispone che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente «le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell’articolo 12, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari».
Innanzitutto, si deve evidenziare che non tutte le tipologie di spese presenti nella lettera f-bis) sono riferite strettamente ai «servizi di educazione e istruzione», a cui sembra che l’Agenzia delle Entrate voglia ricondurre le spese o i rimborsi perché possano godere dell’esclusione dal reddito quando utilizza l’espressione servizi resi nell’ambito di «iniziative incluse nei piani di offerta formativa scolastica».
Infatti, la lettera f-bis) si divide in tre parti: la prima relativa ai «servizi di educazione e istruzione», la seconda (collegata dalla congiunzione «nonché») alla «frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali» e la terza a «borse di studio a favore dei medesimi familiari» .
Per quanto concerne la prima parte, è necessario distinguere i concetti di «educazione» e di «istruzione», altrimenti, appiattendo i due termini su un solo significato, non si comprende la ratio dell’uso delle diverse parole. Senza dilungarsi in riflessioni di carattere pedagogico, il termine «istruzione» concerne la frequenza di percorsi formativi di natura formale, di qualsiasi ordine e grado, volti all’ottenimento di un titolo di studio; la «educazione», invece, è l’accompagnamento di bambini/e, giovani e adulti nello sviluppo delle proprie facoltà, attitudini, talenti, nonché la trasmissione di elementi culturali, estetici e morali. Il protagonista sociale dell’istruzione è la scuola; dell’educazione è la famiglia. Quando il dirigente della Agenzia delle Entrate ha citato le «iniziative incluse nei piani di offerta formativa scolastica», ha richiamato il solo concetto di istruzione, dimenticando invece che il riferimento nel TUIR ai «servizi integrativi» include anche l’educazione. Per esemplificare: il c.d. doposcuola è servizio integrativo d’istruzione; il baby-sitting, invece (così come i corsi sportivi dilettantistici, a parere di chi scrive), sono servizi di supporto alla famiglia nello svolgimento del proprio compito educativo.
La fondatezza dell’interpretazione appena fornita è confermata dalla stessa Agenzia delle Entrate che, illustrando per la prima volta i contenuti della lettera f-bis), nella celebre Circolare n. 28/E del 2016, pag. 22, ha specificato: «Data l’ampia formulazione della lettera f-bis), sono riconducibili alla norma il servizio di trasporto scolastico, il rimborso di somme destinate alle gite didattiche, alle visite d’istruzione ed alle altre iniziative incluse nei piani di offerta formativa scolastica nonché l’offerta – anche sotto forma di rimborso spese – di servizi di baby-sitting». Non solo: anche la Risoluzione n. 55/E del 2020 è tornata sul punto, aggiungendo delle esemplificazioni. Si legge in quel documento, pag. 6, che sono da ricomprendersi in quella lettera del TUIR: «le spese sostenute per l’iscrizione e la frequenza della scuola materna e dell’asilo; nonché le rette scolastiche, le tasse universitarie, i libri di testo scolastici, il servizio di trasporto scolastico, il rimborso di somme destinate alle gite didattiche, alle visite d’istruzione ed alle altre iniziative incluse nei piani di offerta formativa scolastica nonché l’offerta – anche sotto forma di rimborso spese – di servizi di baby-sitting».
A ben vedere, esaminando quanto presentato nella Circolare e nella Risoluzione, sono da ricondursi a «iniziative incluse nei piani di offerta formativa scolastica» tutti i servizi che sono elencati prima di tale frase, ossia tutte le attività connesse alla formazione scolastica. A queste categorie di servizi, se ne aggiunge poi una ulteriore: i servizi di baby-sitting. Questa tipologia di servizi, però, è indicata in aggiunta, oltre «alle altre iniziative incluse nei piani di offerta formativa scolastica» e, quindi “fuori” da questa “categoria” di servizi, perché relativa al concetto di «educazione».
Sulla scorta di queste interpretazioni fornite dall’Agenzia delle Entrata in documenti ufficiali e ritornando al testo della disposizione (lettera f-bis), i servizi di baby-sitting non sono quindi da associare all’ambito dell’istruzione, ma a quello dell’educazione e quindi non devono essere classificati come «alle altre iniziative incluse nei piani di offerta formativa scolastica».
Peraltro, guardando al dato di realtà, i servizi di baby-sitting non sono mai erogati dalle istituzioni scolastiche, ma da singole persone o eventualmente da soggetti privati che svolgono attività di cura della persona. Dunque, pretendere che i servizi di baby-sitting siano resi nell’ambito di «iniziative incluse nei piani di offerta formativa scolastica» perché il rimborso delle relative spese goda del regime di esclusione dal reddito di lavoro dipendente, significherebbe svuotare di significato la previsione di legge.
AIWA resta a disposizione dell’Agenzia delle Entrate per ogni confronto tecnico su questo punto, così come su diversi altri interrogativi che inevitabilmente interessano il funzionamento del welfare aziendale, perché i contorni di questo istituto siano sempre più chiari e comprensibili, a tutto vantaggio del benessere dei lavoratori destinatari dei piani di welfare predisposti dai nostri soci.