Il welfare aziendale
Il welfare aziendale è una delle sfide che riempiono di contenuto la grande trasformazione del lavoro in atto.
La concessione da parte del datore di un insieme di benefit e prestazioni, finalizzato ad integrare la componente meramente monetaria della retribuzione del dipendente per sostenerne il reddito e migliorarne la vita privata e lavorativa, è infatti una delle strategie più al passo coi tempi nei rapporti e nelle relazioni di lavoro.
Welfare Aziendale è condivisione e partecipazione di imprese e persone allo stesso progetto, è previdenza, assistenza, sanità, soluzioni per la famiglia… Non sono benefit per pochi!
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Welfare allargato al territorio
Il tema, dotato di una complessità tecnica notevole, ha visto il suo slancio nell’anno 2016 a seguito di alcuni cambiamenti legislativi che hanno aperto i primi grandi margini di azione su questo vasto “mondo welfare”.
Con la Legge di Stabilità 2016 il legislatore è intervenuto, dopo decenni di silenzio, sui profili fiscali di questa particolare disciplina e ha introdotto diverse e rilevanti novità che hanno stravolto l’efficacia (in termini positivi) della norma, rendendola cioè molto più fruibile.
Innanzitutto va ricordato che «Welfare aziendale» è una espressione che non esiste nella normativa italiana: è materia regolata da tre commi di uno degli articoli (51) dedicati al reddito da lavoro dipendente del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), fino allo scoppio della crisi economica davvero poco utilizzati.
La norma non parla infatti di “welfare aziendale”, ma fa riferimento esplicito ai “benefici di utilità sociale”, ossia beni, prestazioni di opere e servizi aventi finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria e culto. Questi sono gli scopi che le iniziative di welfare devono avere per far godere il lavoratore della totale detassazione del valore di ciò che gli viene offerto senza secondi fini economicistici dal proprio datore di lavoro. Diversamente, per il principio di onnicomprensività del diritto del lavoro, tali prestazioni sarebbero da tassare proprio perché erogate all’interno di un rapporto di lavoro, facenti quindi parte dello scambio di natura economica da imprenditore e dipendente.
Con l’espressione “welfare aziendale” si identificano somme, beni, prestazioni, opere, servizi corrisposti al dipendente in natura o sotto forma di rimborso spese aventi finalità di rilevanza sociale e per questo esclusi, in tutto o in parte, dal reddito di lavoro dipendente
Questa è stata la logica che ha conformato TUIR fino alla Legge di Stabilità 2016, momento in cui sono state recepite le richieste provenienti da diverse realtà del mondo produttivo e accademico ed è stato modificato l’art. 51 in modo tale che la tassazione sui premi di produzione è stata limitata al 10%, ovvero ridotta a zero se il dipendente sceglie di convertire in welfare questo premio.
La Legge di Stabilità del 2017 ha poi confermato ed ampliato la direzione intrapresa dal legislatore nel 2016, nella (ormai accertata) convinzione che le iniziative di welfare aziendale vadano a vantaggio non solo del lavoratore (che percepisce un maggiore guadagno grazie ai servizi offerti rispetto a ciò che potrebbe ottenere con i soldi percepiti in busta paga), ma anche dell’azienda che riesce ad ottenere un progresso e un miglioramento complessivo dell’ambiente di lavoro proprio grazie al lavoratore che, sentendosi più valorizzato, “supportato” e soddisfatto, aumenta in maniera profonda la propria produttività sul lavoro.